Articolo di Gresa Meta e Yasmine Es Sadeqy
Forse si può pensare che la violenza contro le donne sia soltanto lo stupro consumato, ma non è l’unica forma di violenza: anche maltrattamenti, ingiurie e induzione alla prostituzione ne fanno parte. Non meno gravi sono le ferite psicologiche.
Chi usa la violenza sulle donne è nella maggior parte dei casi una figura maschile presente all’interno della vita delle vittime. Spesso e volentieri, si compie tra le mura domestiche, tant’è che la violenza sulle donne è denominata anche “violenza domestica”, un fenomeno cui, in passato, si dava poca importanza, essendo considerato una delle possibili “espressioni” del conflitto coniugale.
Le vittime spesso si trovano in difficoltà e non riescono a denunciare questi fatti, per paura di subire ulteriori abusi. Inoltre ogni giorno nel mondo si registrano molti casi di femminicidi, causati spesso da motivi futili per mano di uomini che pensano di poter prevaricare le donne.
Un’altra verità molto triste dei nostri tempi è la situazione attuale in Afghanistan, luogo in cui le donne sono state private dei loro diritti; è quasi come se fosse “illegale” essere donna, ormai. Certamente ciò non accade solamente in Afghanistan, ma anche in molti altri luoghi del mondo, seppur in maniera diversa. Ad esempio, in Africa, le donne mutilate ai genitali, le vedove arse vive in India, le donne lapidate e quelle a cui viene violentemente negato l’accesso all’istruzione.
Inoltre recentemente è stato aperto un dibattito riguardante il “catcalling”, una vera e propria molestia sessuale, prevalentemente verbale, che avviene in luoghi pubblici. Questo fenomeno comprende fischi, battute sessiste, complimenti indesiderati, allusioni sessuali, domande invadenti, suoni di clacson e addirittura inseguimenti.
Spesso e volentieri, inoltre, si trascura che la violenza sulle donne transessuali è sempre violenza sulle donne.
Per giunta, anche nel mondo del lavoro le donne vengono discriminate. Non hanno gli stessi diritti degli uomini, hanno uno stipendio inferiore e rischiano di perdere il loro lavoro nel caso vogliano intraprendere una gravidanza. Esse andrebbero incoraggiate all’autonomia e all’inserirsi nel mondo del lavoro.
Il primo passo da compiere, per far sì che le generazioni future possano vivere in un mondo di parità di genere, sarebbe quello di cercare di modificare la cultura secondo la quale il maschio ha ancora una posizione dominante e troppi privilegi da difendere. Compito non facile se non impossibile, laddove c’è chiusura mentale e adesione ai dogmi della tradizione.
Un modo per raggiungere questo obiettivo è sensibilizzare, in particolare le nuove generazioni, al problema ed educare fin da bambini al rispetto della donna. Bisogna, inoltre, prestare molta attenzione anche al fenomeno del bullismo in età precoce, che potrebbe causare lo sviluppo di comportamenti violenti in età adulta.
Alle donne vittime di violenze, andrebbero assicurati assistenza e sostegno e andrebbe offerto loro un alloggio qualora ne avessero bisogno. Chi, invece, si rende colpevole di violenza sulle figure femminili, va punito severamente e va cercata una sua riabilitazione tramite una terapia psicologica appropriata; perché a volte, anche con i mostri sono possibili i miracoli.