Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i personaggi celebri che hanno frequentato il liceo Chiabrera non sono tutti letterati o poeti. Renata Cuneo ne è l’esempio: è divenuta infatti la più celebre scultrice savonese del XX secolo.

Molti di noi già la conoscono, per altri è invece una perfetta sconosciuta, eppure le mani di questa donna hanno creato opere che permeano la nostra città, opere che tutti conosciamo; è per questo che è ora giunto il momento di approfondire un poco anche la vita della loro artefice.

Originaria proprio di Savona, nasce nel 1903 la donna che diventerà una delle personalità più importanti dell’arte italiana del ‘900, ma la cui fama non si limita unicamente al nostro paese. Dopo aver studiato nel nostro liceo, la scultrice e ceramista ha frequentato l’Accademia delle belle arti di Firenze per poi perfezionarsi presso lo studio di Felice Carena, famoso pittore piemontese. Renata torna quindi a Savona nel 1929, dove aderisce alla corrente artistica futurista venendo particolarmente influenzata dalle opere di Arturo Martini (scultore, pittore, incisore e docente veneto). Prima donna a presentare una sua opera alla Biennale d’Arte di Venezia, porta i suoi lavori anche a Budapest, New York, Sofia, Cracovia ed Edimburgo. Muore nel 1995, all’età di ben novantadue anni, sempre a Savona.

Silvio Riolfo Marengo, ex direttore della casa editrice Garzanti, ci ha aiutati ad entrare maggiormente in contatto con Renata Cuneo, che ha descritto come una donna tenace e determinata. Al tempo della sua presidenza, Sandro Pertini invitò al Quirinale una serie di savonesi, tra cui proprio la Cuneo e Riolfo; al momento dell’incontro con il Presidente la scultrice si offrì di dedicargli un monumento, ma Pertini ribatté con una frase breve e diretta, che oggi fa sorridere e riflettere: «I monumenti si fanno ai morti!».

Tra le opere più iconiche di Renata Cuneo vi è senza ombra di dubbio il Monumento al marinaio”, sito nella vecchia darsena savonese. Eh sì, quest’opera è stata realizzata dalla Cuneo ed oggi è uno dei simboli di Savona, insieme alla Torretta cui è attigua. Fa parte della serie di opere monumentali con cui l’artista adornò la città; seppur l’aspetto del marinaio si presenti sobrio e umile la scultura è carica di poesia e significato: l’uomo infatti fissa l’orizzonte infinito, pronto a dare il saluto ai marinai sia di giorno sia di notte, come suggerisce la lanterna che impugna con la mano destra, e con il bel tempo e durante una tempesta (per questo indossa un impermeabile e un cappello da pioggia). Il suo significato ben si addice ad una città marinara, questo per una scultura che ormai tutti abbiamo fatto nostra. L’origine della statua è piuttosto tragica: nel 1984 la nave mercantile Tito Campanella affondò nel Golfo di Biscaglia, a nord della Spagna, a causa di una disposizione non adeguata del carico, che in presenza di mare molto mosso squarciò lo scafo. Persero la vita i ventiquattro membri dell’equipaggio, tra cui tre savonesi compreso il primo ufficiale, moglie del comandante. Due anni dopo Renata Cuneo decise di realizzare quest’opera in ricordo non solo dei naufraghi della Tito Campanella, ma anche delle vittime che ogni anno miete la furia del mare, proprio come cita l’iscrizione sul podio: “Alla nostra gente del mare”. 

Rispetto al “Monumento al marinaio”, risulta ben più dinamico il gruppo statuario bronzeo che troviamo in Piazza Marconi (oggi per tutti “Piazza del pesce”) che ne decora la fontana, inaugurata nel 1963. Sono rappresentati un uomo nudo che lotta con uno squalo, in una posa molto vivace e “movimentata”. Le due statue, oltre a richiamare l’atmosfera marittima della città di Savona (similmente al “Monumento al marinaio” visto in precedenza), rappresentano i due lati opposti dell’animo umano: la ragione e la misura, che si devono scontrare con l’istinto animalesco e brutale, nel tentativo di sedarlo e tenerlo sotto controllo. Ad avere la meglio sembra proprio l’uomo, la ragione, che si divincola dallo squalo intento a dimenarsi verso il cielo quasi a “urlare il suo dolore”. Sul volto dell’uomo riusciamo a scorgere un accennato sorriso, che contribuisce con il resto del volto a darci una sensazione di calma e compostezza e che sembra volerci dire che la vittoria è già a portata di mano. Il fatto che le fauci dentute siano lontane dal volto dell’eroe e sofferenti, mentre le parti inferiori dei due corpi si incontrano alla base, ci porta alla mente il legame comunque importante e sempre presente tra la ragione e l’istinto: entrambe facce della stessa medaglia che è il nostro spirito, e che convivono pur sfociando in opposti in costante lotta, dalla quale vogliamo vedere uscir vincitrice la razionalità.

Renata Cuneo realizzò molte altre opere, solo per citarne alcune: i sei atlanti che adornano la facciata del palazzo di Via dei Vegerio, le sculture disposte nel presbiterio di San Michele al Porto, una cassa interamente in legno scolpita per la Processione del Venerdì Santo, la quale sostituì la preesistente distrutta dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. È possibile ottenere uno sguardo più ampio sull’operato dell’artista al MUSA, il Museo Sandro Pertini e Renata Cuneo, situato nella Fortezza del Priamar.

Abbiamo conosciuto da vicino una persona che ha frequentato la nostra scuola, ha seduto nelle nostre stesse aule, riso nella stessa città e sofferto sulle stesse versioni: Renata Cuneo è entrata nella storia e chissà… magari un giorno qualcuno parlerà così anche di noi.

 

  • A cura di Guglielmo Bolla, Reuel Besaggi

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