Cos’è mai la libertà? Fumo, miraggio, finzione, vaneggiamenti di questi sciagurati democratici.” Michail Bulgakov
Michail Afanas’evič Bulgàkov (1891-1940) nacque a Kiev, odierna Ucraina in una famiglia ortodossa. All’epoca il governatorato di Kiev faceva ancora parte dell’impero zarista, sotto il potere di Nicola II. Tra il 1910 e il 1916 studiò e si laureò in medicina. Successivamente fu mandato come “primario” in un ospedale della regione di Smolensk, dove passò un paio d’anni.
Le memorie di questo periodo verranno pubblicate anni dopo su una rivista di medicina e, in seguito, in un libro postumo con il nome “appunti di un giovane medico”, dove si evidenzia l’enorme arretratezza della Russia rurale e delle sue tecniche in campo medico, in netto contrasto con lo spirito maturo e innovativo del giovane Michail, il quale ci rende partecipi dei propri disagi e sofferenze.
Si specializzò nello studio della dermosifilopatia (o più comunemente detta sifilide) e aprì uno studio tutto suo.
Con la caduta dell’impero, dopo la rivoluzione del 1917, e la conseguente guerra civile, fu mandato a soccorrere i soldati nel Caucaso. Solo nel 1921 riuscì a trasferirsi a Mosca, ormai capitale del nuovo governo socialista.
Cuore di Cane
L’anno seguente, con la nuova affermazione dell’URSS, Bulgakov iniziò a scrivere per diverse riviste, pubblicando anche, nel 1925, uno dei suoi primi libri, “Cuore di Cane”. Ancora influenzato dalla sua carriera di medico, scrive questo breve romanzo ironico e di tipo fantastico, dove si immagina il trapianto di ipofisi in un corpo umano.
Bulgakov, in realtà, non si schierò mai né da una parte né dall’altra, sicuramente però la censura di questo primo libro non fermerà la sua vena di scrittore.
Se lei tiene a digerire bene, le do un buon consiglio: a tavola non parli né di bolscevismo né di medicina. E prima del pasto — per l’amor di Dio — non legga giornali sovietici». «Hmm… Ma non ce ne sono altri.» «E lei non ne legga nessuno. Vuole sapere una cosa? Ho fatto trenta esperimenti nella mia clinica, ebbene: i pazienti che non leggevano giornali stavano benissimo.
La guardia bianca
Un altro libro intitolato “La Guardia Bianca”, pubblicato sempre nello stesso anno, fu immediatamente tolto dalla vendita, a causa del contenuto estremamente esplicito e ridicolizzante nei confronti dell’Unione Sovietica. In quest’opera, poi resa sotto forma di dramma, chiamata “I Giorni di Turbin”, si parla degli scontri civili avvenuti sei/ sette anni prima a Kiev. La particolarità di questo romanzo sta nel fatto che molti combattenti dello schieramento sovietico si vanno a curare da un medico “bianco”, cosicché questo possa continuare con la sua posizione politica ed il suo lavoro senza problemi, perché, nel momento in cui i suoi pazienti lo avessero denunciato come minaccia per il regime, non li avrebbe più curati.
Agli occhi del governo di Mosca questo era inaccettabile. Non si poteva vedere un antisocialista manipolare i soldati che combattevano per il regime.
Una parte dei circoli letterari dei quali fece parte durante quel decennio, identificarono Bulgakov come un facente parte delle “vecchia intelligenza borghese”.
Nel 26’ il governo perquisì l’appartamento di Bulgakov trovando numeroso materiale, definito dal nuovo capo dello stato, Stalin, come “antisovietico”.
In realtà non fu mai perseguitato o incarcerato dal regime sovietico, ma solo censurato. Questo perché nell’Unione dei primi anni del ‘900 vigeva un tasso di analfabetismo e “ignoranza” enorme. Gli unici che avevano capacità di controbattere e di argomentare erano proprio gli intellettuali come Bulgakov: senza di loro, non ci sarebbe stata cultura intellettuale nel regime.
Telefonata con Stalin
Il giovane scrittore decise infine di espatriare a fine del 1929, ma già nel marzo dell’anno seguente, sentendo la mancanza della sua terra, scrisse una lettera a Stalin, presentandosi come “scrittore satirico nei confronti dell’URSS”.
Un mese dopo fu proprio il capo del regime a telefonare a Bulgakov, permettendogli di lavorare nel “Teatro dell’Arte” a Mosca.
«Michail Afanas’evic Bulgakov?».
«Sì, sì». «Adesso le parlerà il compagno Stalin».
«Cosa? Stalin, Stalin?» .
Stalin: “Abbiamo ricevuto la sua lettera. L’ho letta insieme ai compagni. Riceverà una risposta favorevole, anche se non mi sembra il caso di lasciarla partire. Ma davvero vuole andare all’estero? Le siamo venuti tanto a noia?”
Bulgakov: “Negli ultimi anni ho molto riflettuto se uno scrittore russo possa vivere lontano dalla patria, e mi sembra di no.”
Stalin: “Lo penso anch’io. Dove vuole lavorare? Nel Teatro dell’arte?”
Bulgakov: “Sì, ma quando ne ho accennato mi è stato opposto un netto rifiuto.”
Stalin: “Presenti una domanda, credo che acconsentiranno”.
Nei suoi ultimi dieci anni, Bulgakov lavorò in questo teatro e lo stesso Stalin partecipò a diversi debutti delle sue opere teatrali e considerava I giorni di Turbin” la sua preferita. Molti intellettuali, oggigiorno, ritengono che il periodo che lo scrittore e altri personaggi di cultura passarono accanto al regime, fu determinato da una passività e una successiva adeguatezza agli standard dei temi trattabili in quel periodo.
Si ritrovarono alienati da un regime non loro che li limitava nel lavoro e nella vita artistica.
Le poche critiche mosse nei confronti del governo nelle opere dovevano essere eliminate o rese totalmente ironiche e satiriche, per non rischiare una censura ancora più pesante.
Bulgakov viveva in un limbo, non fu minacciato o linciato, ma nemmeno adulato e reso libero nella sua espressione.
Per concludere, non si può non parlare dell’opera che rese Bulgakov famoso a distanza di quasi trent’anni dalla morte (avvenuta nel 1940): “Il Maestro e Margherita”, il quale, seppure in modo velato, criticherà indirettamente la figura di Stalin e del regime oltre che la religione in sé. Poichè il manoscritto rimase chiuso in un cassetto e dimenticato fino al 1967, non vi furono alcune ripercussioni sullo scrittore.
«Seguimi, lettore! Sia recisa la lingua infame al mentitore che ha negato l’esistenza di un amore autentico, fedele ed eterno sulla terra!»