Bohemian Rhapsody non è solo una biografia di Freddie Mercury, è il biopic di maggior successo della storia a livello di incassi in UK, States e Europa. Ma a quasi 5 anni dalla sua uscita riguardare la pellicola dedicata alla storia dei Queen, dà ancora quelle sensazioni o era solo nostalgia dei fan? 

Difatti, a favore della narrazione che scorre in modo coerente al tipo di media, il focus biografico si va a perdere. Vi sono numerose scorrettezze che danno una visione favolistica della band e, sotto questo aspetto, dopo il fenomeno che si è portato dietro, riusciamo a giudicare più correttamente. Ma andiamo con ordine.


Seguiamo Freddie con gli ex membri degli Smile che fondano la band, per poi tuffarci nelle esibizioni live. C’è il rapporto d’amore con Mary Austin, la ricerca dell’individualità di Freddie e la scoperta della propria sessualità, la separazione del gruppo e poi un finale da brivido con la rappresentazione dell’esibizione al LIVE AID dopo la scoperta della malattia di Mercury.

Il risultato è un qualcosa di spettacolare dato anche lo staff che vi è stato dietro: Rami Malek che interpretava un Mercury perfetto, Ben Hardy Interpreta un pungente Roger Taylor, Joseph Mazzello è un Deacon che ricorda perfettamente l’originale e Gwilym Lee è la copia di un Brian May che difficilmente riuscirebbe a essere individuato vicino al chitarrista Inglese dell’epoca.

Nonostante in alcune scene i costumi rovinino l’immersività dei film, mantenendo alta la sospensione dell’incredulità, scorre tutto in maniera naturale, dando infatti una ricostruzione cinematografica di altissima qualità che incanta lo spettatore ma che purtroppo non si traduce in un racconto attento e onesto, regalando invece falsi storici e personaggi di pura invenzione.

Vi è sicuramente una visione distorta di ciò che era la band, dato l’unico punto di vista è di Brian May ed è il motivo per cui questo film ha richiesto 8 anni di preparazione.

L’ idea arriva infatti nel 2010 come di una celebrazione della band. Il ruolo di Mercury sarebbe stato affidato a Sacha Baron Cohen, noto per ruoli comici, ma che affascinò per la somiglianza molto vicina al frontman dei Queen. Purtroppo vi furono già da subito divergenze tra l’attore e la band, produttori del film. 

Sasha Baron Cohen

L’idea di May era infatti di raccontare fino a metà del film la band fino alla morte di Mercury, mentre la seconda metà sarebbe stata incentrata sulla band postuma alla morte del front man. Cohen non è d’accordo con l’idea, vedendola infatti come una  mera pubblicità per i membri della band rimasti, decidendo di lasciare il trono vacante.

Dexter Fletcher

La produzione va avanti e al ruolo di Mercury arriva Ben Whishaw sotto la regia di Dexter Fletcher, che però abbandona un anno dopo lo stesso progetto a causa di cattivi rapporti con la produzione. La sceneggiatura viene così affidata a Anthony McCarten, già scrittore di biografie quale  La Teoria del Tutto e L’ora Più Buia, sotto la regia di Bryan Singer e viene scelto Rami Malek come interprete di Mercury. Ma ci saranno dei problemi poiché Singer non si presenterà alle riprese delle ultime parti del film, lasciando così in panne l’intera produzione che richiamò infatti Fletcher per concludere le riprese.

Nonostante tutti i problemi il film esce e riesce nell’impresa di raccontare la storia trascinante che abbiamo visto nelle sale. 

Come già detto in precedenza il focus sulla veridicità dei fatti viene meno, tradendo la vera storia e dando ai “non fan” una visione non realistica del tutto.

Partendo già dalla prima metà ci sono esagerate semplificazioni. La nascita di gruppo è  romanzata e dà al pubblico la lettura di una visione in cui erano (già da ex membri degli Smile) destinati al successo, tralasciando il percorso iniziale della band che non ha nemmeno una scena dedicata all’introduzione di John Deacon, ( anche se la colpa di questo è da attribuire a May e Taylor che non sono rimasti in buoni rapporti con il bassista che ha preferito mollare la band alla morte di Freddie nel ‘91).

Sono presenti altri stravolgimenti come Mary Austin, interpretata da Lucy Boynton che ebbe una relazione con Brian prima di mettersi con Freddie, ma in seguito questi cambiamenti diventano più invadenti.

Infatti il discografico Ray Foster nella realtà non è mai esistito. Michael Myers è l’interprete di questo discografico ispirato a Norman Sheffield, primo manager della band  durante i primi tre album e a cui la band dedicherà Death on two legs, dato il loro rapporto turbolento. Ha inoltre delle somiglianze col dirigente EMI dell’epoca, Roy Featherstone. Con questo personaggio non si prendono troppo seriamente, come dimostra la scena in cui si discute di I’m in love with my Car citando il film Wayne’s World, arrivato in Italia come Fusi Di Testa, dove recita lo stesso Myers nel ‘91 in cui è famosa la scena dove i protagonisti in macchina mettono proprio Bohemian Rhapsody. 

Nel film è centrale il punto in cui la band si separa nel 1982 a causa del manager Paul Prenter, che convince Freddie alla pubblicazione del suo primo album solista Mr Bad Guy nel 1985. Più tardi verrà licenziato e i Queen, dopo essere venuti a conoscenza della malattia del cantante, salgono sul palco del LIVE AID. In verità, però, fino a poche settimane prima, erano in tour per l’album The Work, quindi non è mai stata presente la pressione che sentono i  quattro musicisti che non si sono mai separati completamente, viste le date dei tour legate agli album The Game nel 1980 , Hot Space nel 1982 e The Work nel 1984.

Secondo numerose ricostruzioni, già dalla metà degli anni ‘70, c’era la volontà dei membri di intraprendere carriere soliste, date le tensioni interne del gruppo, sicuramente rafforzato dallo stile di vita che avevano, che alternava sesso e droga. Già in questo periodo Freddie ha centinaia di rapporti sessuali ed era tipico dare festini con camerieri affetti da nanismo che avevano vassoi pieni di cocaina.

Ma in qualche modo trovano un equilibrio, e nell’ 84 pubblicano The Work, con conseguente tour mondiale con una data che fece scalpore andando in Sudafrica, supportando quindi l’ Apartheid, nonostante l’invito da parte della comunità internazionale al boicottaggio degli eventi in quelle località. A causa di questo l’organizzatore del LIVE AID Bob Geldof non era inizialmente d’accordo alla partecipazione dei Queen.

Bob Geldof al Wembly Stadium per il LIVE AID

Di lì in poi vi è nel film una versione di Paul Prenter non veritiera. Difatti nella realtà, dopo il licenziamento di Mercury, comunicò alla stampa la sua vita sessuale in dettaglio rivelando una volontà di Freddie nel tipo di vita che stava avendo, mentre nel film rimane un personaggio sì negativo, ma che punta esclusivamente il dito su di lui, mostrando un Mercury innocente e passivo alle sue mosse. La confessione della malattia inoltre non arriva prima del fatidico concerto, bensì 4 anni dopo, nel 1989, quando la sua salute era gravemente peggiorata chiedendo agli amici stretti e parenti di non parlarne pubblicamente. Il 23 Novembre 1991 arriva invece il comunicato stampa ufficiale in cui Freddie annuncia di soffrire di AIDS.

 


Nonostante alcune cose notabili, come l’infedeltà di Taylor, vengano messe in forma lieve e per nulla influenti nella trama, i Queen hanno dunque dato vita ad un film, innegabilmente soddisfacente e anzi vincitore di vari premi, premendo l’acceleratore sui sentimenti e sulla popolarità avuta, nascondendo sotto al tappeto i lati sporchi. Ciò genera un film strabiliante sicuramente, ma che non rappresenta la vera storia della regina del rock britannico.

 

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