A cura di Federica Prato e Francesca Florenzo

 

“Fai l’insegnante? Ah, che fortuna! Lavori solo di mattina e d’estate non fai nulla…”
“Non sapevo cosa fare, allora ho deciso di provare a insegnare.”
Non si fa l’insegnante, si è insegnanti. Non è una professione per cui tutti possono essere tagliati a seconda delle esigenze, ma è fondamentale essere coscienti dell’importanza e della profonda dignità del mestiere, come di qualsiasi altro. Nessuno si sognerebbe di improvvisarsi falegname, sarto, agente immobiliare, cuoco o medico; eppure molti, in mancanza di altre opportunità o per mera presunzione, si gettano nella mischia di aspiranti docenti come se una corona di alloro li avesse automaticamente investiti delle capacità e delle competenze necessarie. Non c’è da stupirsi, quindi, se l’intera categoria è del tutto svuotata di importanza dal punto di vista sociale, priva di autorevolezza e abbandonata a se stessa: non possono esserci rivendicazioni circa il ruolo di tale figura professionale – cruciale per infiniti motivi – se la catena presenta degli anelli deboli.
Le mancanze di alcuni – di sicuro non pochi – si ripercuotono sull’intera categoria e la percezione degli insegnanti all’interno del tessuto sociale risulta irrimediabilmente macchiata, compromessa. Questo è il motivo che spinge i più a non prendere il lavoro seriamente, a non vederne gli aspetti qualificanti, a non comprenderne la complessità, a non cogliere l’impegno costante richiesto che si estende oltre l’orario lavorativo apparentemente ridotto.

Un altro aspetto del lavoro dell’insegnante che viene costantemente sottovalutato è l’impatto che ha sulla vita degli studenti. Secondo l’opinione comune, l’insegnante migliore è quello che porta con sé il bagaglio culturale più ampio. Un’ottima conoscenza della materia è tuttavia una condizione sì necessaria, ma non sufficiente. Questa idea contribuisce ulteriormente alla visione dell’insegnamento come mestiere facile: cosa può esserci di così complesso nel semplice trasmettere le nozioni che abbiamo imparato ad altri?
La realtà, però, è molto più complessa: gli studenti non vogliono e non devono essere trattati come contenitori da riempire con il maggior numero possibile di informazioni. Quello che cercano in un insegnante è qualcuno che dia peso alle loro opinioni, che li ascolti, che li tratti come propri pari anziché come persone ancora prive di idee ben definite o argomentazioni valide, qualcuno con il quale confrontarsi e che offra loro la possibilità di una crescita che sia soprattutto umana, prima che sterile assimilazione di contenuti.
L’importanza rivestita da chi lavora nell’istruzione è anche rilevante per quanto riguarda la psicologia degli alunni, specialmente nelle scuole medie e superiori: durante l’adolescenza, periodo in cui i ragazzi sono in pieno sviluppo e lottano per affermare la propria individualità, che sta definendosi di giorno in giorno, una figura adulta che li faccia sentire a proprio agio e sappia guidarli al meglio risulta particolarmente importante.
Capita quindi ancora troppo spesso che insegnanti totalmente privi di empatia e incapaci di costruire un rapporto sano con gli alunni lascino un segno negativo che macchierà per sempre un’esperienza che dovrebbe portare alla crescita personale e alla comprensione di sé stessi a ogni livello, ma che finisce, troppo spesso, per diventare una pesante costrizione – che ci si augura termini il prima possibile.

In definitiva, il ruolo degli insegnanti è fondamentale, ma in pochi sembrano accorgersene e agire di conseguenza. Soltanto quando questa consapevolezza raggiungerà chi è del mestiere si potranno costruire delle basi più solide per una scuola nuova, forte, capace di guidare al meglio i ragazzi e di indirizzarli verso il proprio futuro.

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