Da mesi ormai abbiamo a che fare con il Covid, che ha portato un evidente cambiamento nelle nostre vite e ha messo tutti quanti noi di fronte a problemi mai affrontati prima, cogliendoci alla sprovvista. Uno di questi è la didattica a distanza. Dalla fine di febbraio 2020 noi alunni siamo stati costretti a misurarci con questa forma alternativa di apprendimento, consistente nell’utilizzo di piattaforme per videochiamate, quali per esempio Skype o Zoom, per collegarsi da casa con i professori e seguire regolarmente le lezioni che si sarebbero tenute a scuola.

Sulla carta, sembra perfetto: anche con una pandemia globale in corso, la scuola può tranquillamente continuare… e senza muoversi da casa per giunta! Per arrivare a scuola è sufficiente aprire il nostro portatile! Sembra quindi che, paradossalmente, questo periodo a noi studenti abbia in realtà giovato. I fatti, però, sono più complessi di così.

Primi fra tutti non sono da sottovalutare i problemi puramente tecnici: ormai si dà quasi per scontato che tutti siano dotati della connessione più veloce disponibile o di dispositivi elettronici di vario tipo, tant’è che sembrava impossibile pensare che qualcuno, all’inizio delle lezioni online, non fosse già adeguatamente attrezzato. Le variabili non tenute in considerazione sono molteplici: non tutti sono dotati di una connessione sempre efficiente e, nel pieno della pandemia, non era così facile risolvere una situazione di questo tipo; non è scontato che ciascun membro di un nucleo famigliare abbia a disposizione un computer o un tablet e mesi fa, con i genitori in smart working, in molte famiglie questa mancanza di dispositivi elettronici ha causato problematiche non indifferenti.

In secondo luogo, l’insegnamento a distanza non ha certamente lo stesso effetto: da casa le distrazioni sono molte più di quante siano a scuola; basta una telecamera spenta e ci si può dedicare a qualsiasi attività reputata più interessante della spiegazione dell’insegnante. Nemmeno le valutazioni sono rimaste le stesse: bastano un post-it attaccato al computer o una pagina di Google lasciata aperta per far avere alla media un tanto rapido quanto inusuale aumento. Altro problema rilevante, quello che ha fatto dire a milioni di studenti di voler tornare a scuola, fino ad allora considerata un’antipatica costrizione, è quello del contatto.

Il mio terzo anno di liceo classico si è concluso premendo un pulsante. In quel momento non ho potuto fare a meno di pensare agli anni precedenti, alla corsa fuori da scuola al suono della campanella, alla festa di fine anno, agli abbracci, alla leggerezza, tutte “banalità” che, dopo mesi passati in dad, fanno sentire prepotentemente la propria mancanza.

Trovo sia da smentire il mito per cui solo i più piccoli hanno bisogno di stare insieme: l’adolescenza è un’età difficile, ci sentiamo tanto forti da pensare di poter sorreggere il cielo sulle nostre spalle ma allo stesso tempo siamo così fragili che quel peso potrebbe schiacciarci in un attimo, abbiamo molte idee, siamo pieni di voglia di fare, molto spesso però ci sentiamo incompresi. Stare insieme è indispensabile anche per noi.

Oggi, ad un anno dall’inizio della pandemia, siamo ancora in bilico tra la dad e la didattica in presenza. Dopo un ritorno a scuola che a tutti è sembrato un po’ come rientrare in una vecchia casa lasciata vuota a lungo, noi studenti delle superiori non possiamo ancora del tutto abbandonare il nostro pc.

La sensazione che i provvedimenti presi negli ultimi mesi dal governo hanno suscitato in me e in molti altri miei coetanei è stata quella di non essere sufficientemente “importante”, di essere costantemente messa da parte. Il messaggio pare chiaro: noi ragazzi, apparentemente improduttivi ma abbastanza grandi per gestirsi autonomamente, sembriamo dunque facilmente sacrificabili.

A mio parere non si può negare che la dad sia stata utile all’inizio, visto che ha permesso di continuare il programma scolastico anche quando non era possibile farlo in presenza. È tuttavia impensabile un suo utilizzo a lungo termine senza cercare di renderla più efficiente (o almeno meno dannosa) fino a quando non si potrà tornare in presenza.

Nessuna tecnologia dopotutto, per quanto efficiente possa essere, potrà mai ricreare attraverso uno schermo il vivace scambio e il rapporto che noi alunni instauriamo tra di noi e con i nostri docenti.

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