Tutti noi, almeno una volta nella nostra vita, abbiamo sentito parlare del jazz. All’udire questo termine, è pressoché impossibile non immaginarsi un palco, all’interno di un locale della lontana America, occupato da un cantante dalla voce calda che muove le sue dita sulla tastiera bicolore del pianoforte, improvvisando su melodie e ritmi creati da un batterista e un saxofonista che si esibiscono in performance quasi teatrali. Molte volte ci hanno proposto questa immagine, ma siamo davvero sicuri di conoscere ciò che si nasconde dietro un genere musicale che affonda le sue radici in una parte della storia moderna?

“Il jazz, se si vuole chiamarlo così, è un’espressione musicale; e questa musica è per me espressione degli ideali più alti.” John Coltrane

La musica nata dalla schiavitù

La sua nascita risale al Seicento. I conquistatori europei iniziarono a sfruttare la manodopera a basso costo proveniente dalla tratta degli schiavi, poiché le popolazioni native americane erano ormai decimate. Nonostante lo sradicamento dalle proprie terre d’origine però, i neri d’America continuavano a conservare il ricordo delle proprie tradizioni. Ridotti in schiavitù e per la quasi totalità analfabeti, pur non potendo realizzare espressioni artistiche vere e proprie, portarono comunque nuovi elementi nella cultura americana. Proprio in questo contesto nacquero i work song, ovvero i canti di lavoro degli schiavi. Essi erano intonati per alleviare la fatica del lavoro e realizzati senza l’accompagnamento di strumenti musicali.

In seguito all’abolizione della schiavitù, al termine della guerra di secessione nel 1865, molti ex schiavi lasciarono le piantagioni. Si diressero quindi verso le grandi città del Nord in cerca di lavoro. Tuttavia, spesso finirono ai margini della società. Durante questo periodo nacque il blues, come sintesi del canto tradizionale africano e della musica popolare nordeuropea. Il termine blues deriva proprio dall’espressione americana che significa “essere tristi, malinconici”. Verso la fine dell’Ottocento, invece, si sviluppò una nuova composizione strumentale in cui si incontrano il ritmo delle musiche da ballo europee e quello della musica africana: il ragtime. Pertanto, il jazz raccoglie gli elementi principali di tre tradizioni precedenti: i canti degli schiavi, il blues e il ragtime.

L’improvvisazione che crea arte

I musicisti jazz erano per lo più ex schiavi analfabeti. Non sapevano la musica e quindi la suonavano a “orecchio”, improvvisando spesso la propria parte. L’improvvisazione, nata da una società pratica, diventò così una delle caratteristiche fondamentali del jazz. Essa dà l’impressione di una musica “fatta sul momento”, in cui gli esecutori-compositori si affidano liberamente alla propria creatività. Proprio per questo motivo ogni esibizione è unica ed irripetibile.

A New Orleans, i neri, dopo aver recuperato molti strumenti militari, specialmente ottoni abbandonati dai soldati sudisti, formarono le brass band. Si tratta di piccoli complessi che suonavano per le strade durante il carnevale e nei cortei funebri. Tuttavia in questa città il jazz non lo suonavano solo i neri; le orchestre di neri e bianchi infatti si scontravano pacificamente in strada a suon di musica: quando due band si incontravano si apriva quasi sempre un contest. Quando la Marina degli Stati Uniti fece chiudere molti locali di Storyville, il quartiere di divertimenti alla periferia di New Orleans, per ragioni di ordine pubblico, i musicisti furono costretti ad emigrare. Raggiunsero i centri industriali del Nord o cercarono lavoro sui battelli che percorrevano il Mississippi.

Dalla grande crisi ci si rialza con nuove tendenze

Nel 1929 il crollo della Borsa di Wall Street produsse una grave crisi economica che influì negativamente anche sulla vita della musica jazz. Chiusero i locali, si sciolsero le band e fallirono le case discografiche. Grazie al New Deal però, un piano economico varato dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, si attenuarono gli effetti della crisi. La depressione lasciò spazio ad un periodo di ottimismo. Nacque così lo swing, uno stile orecchiabile e commerciale, dai ritmi festosi e adatti per essere ballati. D’altro canto, a partire dalla metà degli anni quaranta, iniziò la rivoluzione del bepop, un nuovo stile che nacque in reazione allo swing, dando origine al jazz moderno. La parola bebop è un’onomatopea scelta forse per imitare un passaggio di due note, usato dai jazzisti come “segnale” per delimitare le varie parti del brano.

Partendo da queste due ultime esperienze, nacquero nuove tendenze. Fra queste si annovera il cool jazz, interpretato soprattutto da musicisti bianchi nei locali delle grandi città ma creato invece da neri. Sempre in quegli anni ha origine anche l’hard bop, uno stile diffuso nei club di New York e caratterizzato da un marcato significato politico. Veri e propri virtuosi dei loro strumenti, questi musicisti continuarono la strada intrapresa dai boppers nel tentativo di recuperare le radici afroamericane del jazz. Con l’inizio degli anni Sessanta, nella metropoli degli Stati Uniti, il jazz subì nuovi mutamenti che portarono alla nascita di una delle sue ultime correnti: il free jazz, il “jazz libero“. Esso contiene chiari riferimenti alla libertà e alla lotta contro la discriminazione razziale.

Ma il jazz sta davvero morendo?

Molte volte capita di sentir dire che ormai il jazz sta lentamente decadendo, ma questa affermazione non è pienamente condivisibile. Si tratta di un genere musicale dalle origini tanto umili quanto nobili sono le sue intenzioni. Ideali più che mai condivisibili e attuali ai giorni nostri, quando sulle pagine dei giornali si parla di nuove lotte contro la discriminazione razziale e di rivendicazione di maggiore uguaglianza fra neri e bianchi. Il jazz è un emblema di rinascita e giustizia. Forse è vero che sempre meno giovani si interessano a questo genere, ma i suoi ideali e l’eredità musicale che si porta dietro costituiscono ancora una base fondamentale per la cultura della nostra società. Probabilmente, proprio per questi motivi, la musica jazz è destinata ad essere immortale.

Un pensiero su “Il jazz immortale: cosa accade quando la musica diventa il simbolo della lotta razziale?”
  1. Affascinante!! Ricco di informazioni e ben scritto, utile per chi vuole conoscere a fondo uno stile musicale come il jazz, così ricco di storia e di significato. Inoltre decisamente il linea con il periodo storico che stiamo affrontando, così moderno ma ancora così arretrato sul fronte “razzismo”. Brava Elisa, continua così !

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